La mia esperienza sul Cammino di Santiago…parte 9
Parte 9
Alla mattina mi alzo con un po’ di prurito al collo, ho una puntura ma non ci faccio caso e parto, sola con un chiaro di luna mai visto. Decido già da subito di prendere la variante che da Triacastela conduce a Samos, ho letto che c’è un accoglienza proprio dentro al Monastero dei benedettini e vorrei restare lì per la notte. Passo foreste e paesi da favola. Dopo lo svincolo per Samos mi raggiunge Giacomo, mi dice subito che parla solo italiano e vuole camminare in compagnia, non so perché ma non riesco a tollerarlo, sono nervosa, provo a dirgli in tutti i modi che io invece voglio camminare sola, niente, si adegua al mio passo fino a Samos, mi continua a raccontare tutte le sue sfortune nella vita. Non gli faccio sapere che voglio fermarmi all’albergue del monastero, ma mi segue anche lì. Quando arrivo il colpo d’occhio del monastero è molto potente, ci giro attorno e trovo il dormitorio, le pareti all’interno sono tutte affrescate. Scelgo il letto e vado subito a fare una doccia, mi accorgo immediatamente che ho collo, spalle, schiena, braccia piene di morsi di chinches, i bedbugs. Adriano mi fotografa la schiena, non riesco a vedermi il dietro, comprendo il mio nervosismo della giornata. Poco dopo arrivano un po’ di conoscenze con cui avevo condiviso la camerata la notte precedente, Luca e Lorenzo, Vincent e Chan Lee, sono tutti ricoperti di punture, chi sulla pancia, chi sulle gambe. L’albergue qui è molto semplice, non ci sono lavatrici, così lavo a mano tutto quello che ho con me tranne un pantalone e una maglietta che indosso. É sabato e la farmacia del paese è chiusa.
Andiamo tutti assieme ad abbracciare un cipresso in un parco vicino, sorrido visto che riesco a meravigliarmi così tanto nonostante il prurito, visitiamo il monastero e ceniamo in compagnia nel ristorante davanti abbondando con il vino tinto.
La mattina sono tutta un puntino, o meglio a puntini e bolle, si sono espansi smisuratamente, nel viso ne una decina, ne conto almeno 25 solo su una mano, un centinaio tra spalle, schiena e braccia. Mi incammino, non so descrivere se contengo più malumore o collera, gli spalloni dello zaino completano la mia emotività del momento, grazie allo sfregamento le punture nella zona spalle sono tutta un’irritazione, ho bolle di anche 3/4 cm di diametro. Entrata a Sarria corro a cercare la farmacia di turno più vicina, mi prescrivono crema lenitiva e pastiglie di antistaminico, mi consigliano anche uno spray da spruzzare su zaino e sui prossimi letti. Riparto un po’ meno scoraggiata, ma cammino con il pensiero fisso. Le chiacchiere con Barry dall’Australia mi sollevano un po’ il morale, ha un koala di peluche appeso allo zaino, mi dice che è il suo amico accompagnatore. Non faccio praticamente quasi caso al cippo che indica che mancano 100 km a Santiago, l’unica foto, pure sfocata, che scatto nella giornata è di una coltivazione che non capisco cosa possa essere, poi indago ed è l’ingrediente principale del caldo gallego, una zuppa. Arriviamo a Ferreiros e senza pensarci entro nel primo albergue che trovo. Ho il letto numero 15, il posto è nuovissimo e super attrezzato, forse il più “lussuoso” in cui ho dormito. Mi riposo tutto il pomeriggio e alla sera ceno con Barry all’aperto nel giardino, non pubblico nulla su facebook, non sono proprio dell’umore giusto.
Alla mattina la mia mente è un po’ più tranquilla, anche se dopo qualche km mi accorgo che ho dimenticato il mio bastone all’albergue, decido che non ho nessuna voglia di ritornare indietro e poi non sono mai partita così tardi, c’è già molta luce attorno. I segnali del cammino si fanno sempre più presenti, aumentano i cippi che segnano il chilometraggio restante, le croci, le bandiere, i cumuli di oggetti lasciati dai pellegrini e i messaggi appesi agli alberi. Mi accorgo che inizio a rallentare, ho il forte desiderio di far durare di più tutto questo, sapere che l’arrivo si sta avvicinando fa scattare emozioni contrastanti, una saudade tra felicità e tristezza, gratitudine e voglia di non smettere. E intanto la folla di pellegrini in cammino è in forte crescita, siamo nell’ultimo tratto, il più battuto, davvero in molti percorrono solo i 100 km finali. Per strada cerco facce conosciute, ho la sensazione di voler condividere ancora di più questi momenti, ma giungo sola a Portomarin e percorrendo il lungo ponte moderno mi si apre alla vista uno spettacolo unico. Non piove da 26 giorni e la siccità ha prosciugato il lago e fatto riaffiorare i resti dell’antica città medievale, che è stata ricostruita più in alto, solitamente ricoperti da una gran quantità d’acqua, c’è una nebbia che fa da cornice a tutto ciò. Faccio un po’ di scorta di cibo in centro paese, riabbraccio un po’ di amici e riparto con nuovi compagni di andatura. Dopo un pò di km incontriamo i primi boschi di eucalipto, siamo inondati dal delizioso profumo che emanano. Saluto Miguel e decreto lo stop della giornata, per vari motivi non voglio esagerare con i km, ho ancora addosso un po’ di nervosismo dalle punture e il mio fisico non è al massimo della forma.
Trovo aperto l’Albergue della giunta a Hospital da Cruz un borgo deserto di 3 case, non c’è nessuno nemmeno in albergue, né hospitaleri, né pellegrini, prendo intanto il letto e mi riposo. Passerò in giardino stesa al sole tutto il resto della giornata, tra mille pensieri di riconoscenza per quello che sto vivendo, mancano poco più di 80 km a Santiago e in 3 tappe dovrei riuscire a farcela, mi si aprono universi nella mente. Nel diario scrivo solo un piccolo elenco: ponte Portomarin, incontrato Miguel, Nikolai, Vitali, formaggio di capra, Linda Svizzera. Mi addormento così.