La mia esperienza sul Cammino di Santiago…parte 8
Parte 8
Riparto sola la mattina, penso che in questa dimensione ho imparato a dosare molte cose (passi, respiri, cibo, acqua, riposo) a scegliere ancora di più con chi stare (chi mi fa star bene), a dispensare senza misura abbracci, ad alleggerire pensieri, ad affrontare miriadi di discorsi assurdi in qualsiasi lingua (ho provato anche il giapponese, per il momento ricordo solo come si dice grazie).
Con una luce ancora leggera oltrepasso Pontferrada con il suo maestoso castello, mi saluta un altro bottone su un cartello, la giornata se ne va tranquilla e arrivo a Cacabelos, cerco l’albergue municipale. E’ la struttura più assurda dove ho dormito finora. Non è semplice da spiegare senza vederla, le stanzette sono costruite nel muro interno che gira attorno la chiesa, una sorta di 30 cabine a due letti. Scrivo nel diario: da stesa a letto la mia testa è nell’antico muro, letto numero 10.
Mangiando nella cucina in condivisione all’aperto dietro la chiesa conosco un po’ di pellegrini, condividiamo vino tinto, Florian dispensa massaggi ai piedi a tutti. Mi lascio affascinare dalla storia di Roberta, è partita dalla porta di casa da un paese vicino a Padova, sta camminando da più di due mesi. Ci eravamo incrociate in un supermercato qualche km prima di arrivare qui, io cercavo un panino e avevo acquistato delle bustine di maionese per renderlo più gustoso, uscendo gliene avevo regalate due per arricchire il suo di panino. Alle 8 di sera fondiamo il club delle Madonne della Maionese. Ci scambiamo i numeri di telefono per rivederci per un bicchiere di vino una volta tornate in Italia.
Alla mattina ci diamo appuntamento per partire assieme, all’alba Roberta mi immortala nel tentativo di toccare la luna con il mio bastone. Per strada diventiamo un bel gruppetto tutti con racconti assai affascinanti, c’è Roland un francese che è partito a piedi dal centro della Francia, il giapponese Cags, Tan Hu che mi dice di chiamarlo “Taiwan papà” perché le ricordo la figlia, un australiano, un brasiliano, due israeliani. Intersechiamo storie e dialetti, li condiamo con sorrisi e abbracci. Vorrei che questa giornata non finisse mai, ma quando raggiungiamo Vega de Valcarce sono già 25 i km percorsi e non voglio sforzare le mie caviglie, così a malincuore mi fermo e abbraccio tutti. Con Roberta ci rivedremo solo in Italia, per quel bicchiere di vino, dopo quasi due anni e mezzo.
Cerco l’albergue municipale, arrivo, è aperto ma non c’è nessuno, solo un biglietto che dice di compilare il registro, mettere i 5€ nella cassetta sul muro, scegliere un letto e riposarsi. Vado al piano di sopra dove ci sono le stanze e ritrovo Rafael, Josè e un ragazzo lituano, ceniamo tutti assieme, evitando un gruppo di chiassose e irrispettose brasiliane.
I paesaggi alle prime luci dell’alba appaiono ancora più incantevoli, segnano passaggi di lunghezze attraversate, stiamo per entrare in Galizia, poco prima in un cartello riesco a staccare un adesivo a bottone che era ormai attaccato solo per poco, ci penso molto prima di farlo, non voglio togliere un qualcosa che può regalare gioia ad un futuro pellegrino che si accorge del bottone, ma la tentazione è tanta.
Un sacco di animali accompagnano me e Rafael per molti km, entrando a O Cebreiro ci stupisce molto il fascino e la suggestione di questo luogo, un po’ rovinato però dal troppo sfruttamento turistico. Non mi va di fermarmi qua, proseguiamo le salite, ma alla fine di una molto faticosa, mi sembra un miraggio il bar che si vede all’improvviso, sono all’Alto do Poio mi concedo una pausa, saluto Rafael che continua. Qui conosco Luca e Lorenzo due ragazzi di Udine che mi convincono a restare con loro nell’albergue annesso al bar, mi assegnano l’ultimo letto rimasto libero. Ci godiamo un tramonto da lacrime seduti in fila nel guardrail della strada del passo. Quella serale poi è una lunga tavolata, condivido Sidro che crea sinergie di una bellezza allucinante con un mix di nazionalità incredibili, Italia, Messico, Polonia, Corea del Sud, Taiwan e chissà quelle di chi non ho conosciuto bene.